Meet in cucina conferma per il secondo anno consecutivo un contenitore di emozioni e creatività, nonché un’opportunità di crescita professionale e stimolo per quanti hanno assistito alle performance degli cuochi che si sono alternati sul palco, mostrando e dimostrando tecniche e metodi acquisiti in ore di lavoro in cucina.
Grande afflusso di pubblico anche da fuori regione, neanche la neve ha fermato un pubblico eterogeneo, fra ristoratori, addetti del settore, appassionati e tanti ragazzi delle scuole alberghiere, un format che miete successi proponendosi con una formula semplice e collaudata, per accrescere il confronto di esperienze fra cuochi e artigiani del gusto.
Mi piace evidenziare la frase di Alessandro Bocchetti, che si alterna sul palco con Massimo di Cintio – ideatore dell’evento, che riassume l’essenza di Meet in Cucina “il ritorno alla cucina come atto del fare e del conoscere che recupera e reinterpreta il racconto italiano”.Grande assenza ma giustificata è quella di Niko Romito, fermato dalla febbre, ma per lui parlano le pagine del suo libro letto da Massimo.
Ospite d’onore Massimo Bottura che ci ha dato lezione di umiltà con il suo modo di porsi, e di creatività con una versione ultramoderna dell’arrosticino abruzzese.
Lo ammetto, ho ascoltato tutto il discorso del maestro come sospeso nell’aria, e in religioso silenzio, catturato dalle sue parole e dalle verità che riusciva a comunicare a tutta la platea, che come me era anestetizzata.
Le sue parole hanno rafforzanto un concetto basilare del “pensare lentamente e agire velocemente” ma ancor di più è passato un messaggio chiaro: fare gruppo, parlarsi, comunicare fra professionisti e credere di più nella cucina e nell’italianità, “L’Italia grazie ai suoi prodotti non ha bisogno di lavorare molto la materia prima, mentre la Francia ha bisogno di tecniche favolose per estrarre il meglio da ogni prodotto”, e poi tanti messaggi, da cui trarre l’essenza del successo, sul come approcciare la realizzazione di un piatto “guardare la tradizione e pescare nella memoria per riportare” e nasce Lo spaghetto che vuole diventare una lasagna, o “ricostruire in modo perfetto l’imperfetto” e nasce Oops! Mi è caduta la crostata di limone.
E poi ancora tanti altri principi per stimolare le nuove generazioni di chef e non solo come “l’intuizione felice è il momento in cui tu vedi qualcosa che gli altri non vedono”, “non è la perfezione che paga ma il dialogo appagato del palato del cliente”…
Immancabile l’investitura a Cavaliere dei Maccheroni alla chitarra da parte della confraternita con tanto di regalo, lo strumento per la preparazione della pasta.
Sempre al suo fianco c’è un giovanissimo Davide di Fabio, abruzzese doc, da dieci anni al fianco di Bottura alla Francescana di Modena,
Apprezzatissimo anche l’intervento del prof. Seghetti, che noi tutti conosciamo come docente espertissimo di olio e di vino, che ci lascia a bocca aperto con una argomentazione sul pane e la lievitazione con il lievito madre. Platea anestetizzata per quasi un’ora e lui che viene simpaticamente interrotto da Massimo di Cintio, perché, conoscendolo, quando inizia ad argomentare è un fiume in piena, aveva preparato solo 60 slide sull’argomento.
In sintesi, ci invita ad alimentarci con pane a lievito madre e preparato con farine tradizionali, visto che la causa principale di molte intolleranze sta proprio nell’uso e abuso di prodotti industriali. In ultimo ha enfatizzato le proprietà digestive e nutritivi del pane, che è e resta il re della “scarpetta”, strumento indispensabile per tutte le ricette della cucina tradizionale..
Ma ora passiamo ai padroni di casa che si sono succeduti sul palco come la FAMIGLIA TINARI, del ristorante Villa Maiella, contraddistinti dall’artigianalità del loro lavoro, con l’allevamento dei maiali neri e la coltivazione vera della terra producendo ortaggi, mettendo in risalto la tecnica della marinata a secco, preparando il;
Come un carpaccio: vitello marinato al caffè e cumino montano La Marinata era un caleidoscopio di profumi mediterranei arricchita dal caffè. La tecnica di lavorazione ha permesso di mantenere integro il colore vivo della carne, donandogli un gusto equilibrato e fragrante; a controbilanciare il tutto una maionese davvero ben fatta e delicata.
A seguire sul palco è CRISTIAN DI TILLIO, del ristorante il Ritrovo d’Abruzzo, giovane e capace che ammetto, mia ha conquistato con piatti che sposano in pieno la filosofia dell’evento, come il Coniglio con patate e peperoni, un piatto della tradizione abruzzese reinterpretato benissimo.
Basta guardare le foto, con una semplicità disarmante: cotture sottovuoto, condite ognuna in modo diverso, delle varie parti del consiglio ben sezionato a monte, rosolature brevi e completamento ad arte della materia prima, un piatto da gustare al meglio con le mani, ma il galateo c’impone garbo… e salsa di peperoni ancor più semplice.
Poi è il momento del Magnum di Fegato di coniglio croccante e salsa all’amarena, un omaggio al maestro Bottura: ammetto che se non me l’avesse detto non avrei mai detto che era fegato. Ma comunque vi allego due foto inequivocabili ed esaurienti.
Per non parlare della bontà del Maialino cotto a bassa temperatura con salsa alla senape e pane croccante agli alici: questo ristorante è sicuramente il primo a cui farò visita a breve.
È il momento di Nicola Fossaceca del ristorante al Metrò, a San Salvo, che ci presenta una cucina di mare che sposa alla perfezione i sapori della tradizione casara, una ricetta che si nutre dei straordinari profumi di entrambe le cultura, di mare e di terra, senza nessun timore referenziale ma creando un’osmosi perfetta.
Ed ecco nascere il Raviolo ripieno di ricotta di pecora affumicata, in brodetto di vongole, o meglio chiamati “lupini di mare” e polpa di ricci. Una sintesi perfetta degli umori e delle passioni della terra d’Abruzzo con le sue maestose montagne e un litorale strepitoso. Per questo piatto ci vuole sicuramente il cucchiaio, ma la voglia di alzare il piatto per berne direttamente il fumetto è troppo forte.
Quando andrete a trovarlo, perché ci dovete andare, non abbiate fretta nel deglutire il raviolo, masticatelo lentamente facendo in modo che il fumetto si amalgami bene con la ricotta: al gusto è davvero delicato, piacevole, pulito, distinto nel gusto, la sapidità del mare si sposa bene con l’affumicato e la ricotta di pecora, eccellente esempio di fusione fra sapori forti di terra e delicati di mare che si scontrano e si annullano creando un equilibrio unico.
La protagonista successiva mi lascia sbalordito, per la creatività e lo studio applicato alle materie prime della terra, solo ortaggi e legumi, per vegetariani convinti e
per coloro che voglio riconciliarsi con la natura. Lei è Nadia Moscardi e assieme alla famiglia gestiscono la cucina del ristorante e relais Elodia nel Parco a Camarda (AQ) non molto lontano dal Gran Sasso.
Il piatto prescelto prende spunto da una ricetta della tradizione teramana, Le Virtù, un insieme di ortaggi e legumi che affonda le radici nella notte dei tempi. Il piatto è ben presentato e gustosissimo. Il Dessert è una Spuma alla liquirizia e lamponi.
Altro protagonista di livello è Matteo Iannaccone chef executive del Caffè le Pailottes a Pescara, e la sua esposizione verte sulla gestione del crudo leggermente marinato, come il Tonno marinato allo zenzero, finta maionese, guacamole e meringa di soia. Oltre al gusto pulito e piacevole è la scenografia con ghiaccio secco fumante.
Deliziosa anche la Millefoglie di manioca con tartare di branzino, burrata e riduzione di Porto rosso.
Dai colori brillanti e dal gusto netto e pulito il Fusillone con zafferano, broccolo e dadolata di tonno rosso.
A chiudere in bellezza è la FAMIGLIA SPADONE, proprietari del ristorante la Bandiera a Civitella Casanova (Pe) e qui è il giovanissimo figlio che ci lascia stupiti con l’elaborazione di un piatto fatto con gli ortaggi del loro orto, coltivato personalmente da tutti nei periodi di meno lavoro al ristorante.
Il tema è la cottura sotto sale di tutti gli ingredienti e il risultato è molto convincente. La foto è molto eloquente, ma stupisce maggiormente la salsa di ghiande, prima tostate, poi bollite ridotte a crema e aromatizzata al rafano, tanto da sembrare una demi glace, buonissima, realizzando un piatto ricco di consistenze e di gioco di sapori dalla sapidità, al piccante, dalla morbidezza al croccante.
No resta che andare a trovarli tutti per rivivere bellissime emozioni gastronomiche.
In conclusione voglio evidenziare la forza del gruppo che hanno fatto ognuno dei protagonisti, mai gelosie e piccinerie per nascondere tecniche e metodi, e questo atteggiamento non è solo in questa manifestazione. Si prenda esempio…!!!