Adoro i piatti di lunga cottura, quelli che devono andare adagio adagio ed essere curati e cullati come fossero bambini.
La cultura della cucina “Lego”, come la definisco io, ha reso i piatti sterili e privi di personalità.
Per quanto mi riguarda io valuto la qualità di un ristorante dalla presenza nel menu di pietanze che necessitano di tempo e per le quali l’attenzione e la pazienza dello chef sono essenziali.
Quello che sto per descrivervi non è un piatto pugliese, è vero, il che testimonia la mia passione anche verso la cucina di altre regioni italiane, ciascuna detentrice di una cultura gastronomica fatta di profumi, sapori, vissuti propri e questo piatto napoletano ha sempre esercitato su di me un certo fascino.
Erano anni che desideravo prepararlo: ne avevo assaggiato un paio di versioni, ma non mi avevano convinto per cui ho fatto una ricerca più dettagliata prima di mettermi all’opera.
Per un maggiore approfondimento potete consultare questo link: https://www.lucianopignataro.it/a/la-pasta-con-la-genovese-a-napoli/3543/ , che vi farà comprendere come la cucina sia patrimonio di tutti e che cibi e ingredienti che consideriamo nostri siano, in realtà, il risultato di scambi tra regioni e addirittura nazioni, in particolar modo quelle dell’area del Mediterraneo.
Si tratta, in sintesi, di uno stracotto di tante cipolle (io ho utilizzato la dolcissima cipolla di Margherita di Savoia: chi non ama la cipolla si tenga a distanza) e carne di vitello.
Alcuni preferiscono solo il maiale, altri entrambi; a ciascuno la propria versione e la propria ricetta.
Io vi consiglio un pezzo di carne abbastanza tenero; c’è chi predilige pezzi della parte posteriore del vitello, altri optano per parti meno nobili, la cosa importante è che sia saporita.
Ingredienti per una bella tavolata da 7/8 persone
(se poi ne resta potete utilizzarlo per tante preparazioni, come in abbinamento alla pasta con le melanzane, o in un risotto mantecato con formaggi morbidi o da solo).
- Kg 2 di cipolle che andranno tagliate finemente
- Kg 1 di carne intera o a pezzettoni
- Aromi come sedano, carote e alloro
- Pepe e sale: io ho messo il peperoncino
- Olio extravergine
- Vino bianco per sfumare
- Formaggio grattugiato ( io ho preferito un Grana media stagionatura)
Preparazione
- Mettere l’olio nella casseruola alta in modo da far rosolare bene la carne, facendone lasciare il sapore sfumando con poco vino bianco.
- Togliere la carne e unire il sedano e carota tagliati a pezzettoni, con alloro e peperoncino.
- Aggiungere le cipolle e lasciarle appassire per pochi minuti, aggiungendo due pomodori: ma non tutti lo fanno.
- Unire la carne e lasciare cucinare a fuoco lento per almeno tre ore fino a quando la carne è cotta.
- Rimestare in continuazione e far ridurre fino a quando il composto è diventato di colore marroncino.
- La tradizione vuole che la carne venga tolta dal composto e servita a parte, io invece ho lasciato qualche pezzo frantumandolo assieme alla cipolla per creare un composto unico
- A questo punto si cuoce la pasta, alcuni la tirano al dente e terminano la cottura con parte del composto, mentre io ho preferito lasciare la pasta in bianco e poggiare sopra il ragu: la pasta ideale sono i Ziti spezzati a mano di Gragnano, ma in mancanza va benissimo pasta grossa o pennette come nel mio caso.
- A questo punto si cuoce la pasta: alcuni la tirano al dente e terminano la cottura con parte del composto, mentre io l’ho lasciata in bianco e aggiunto sopra il ragù; l’ideale sono gli ziti di Gragnano spezzati a mano, in alternativa pasta grossa o pennette, come nel mio caso.
L’abbinamento campano predilige un bianco di grande struttura come la Coda di Volpe. Io, invece, ho scelto un Primitivo di Gioia del Colle di Plantamura, ricco di fragranze floreali e fruttate, di gran gusto e morbidezza.
Primitivo di Gioia del Colle riserva 2016 di Plantamura: una famiglia al servizio del vino
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Potevi invitarmi ad assagiare…con le dovute distanze