Un’osteria moderna nel pensiero ma tradizionale negli ambienti e nei piatti, da incontro con gli amici dove si beve bene e si mangia benissimo. Un riferimento sicuro da 18 anni nel centro di Bari
Questa è l’aria che si respira entrando, dopo aver suonato, in questo confortevole ristorante nel pieno centro di Bari, quasi a voler preservare l’integrità del cliente dal caos cittadino. Il Petruzzelli a pochi metri e gli echi dei battitori di polpi dietro l’angolo, si, perché a pochi passi c’è anche il porto, e soprattutto una Bari cambiata, accogliente anche se ricca di contraddizioni, tutti elementi che vi garantiranno una sosta in una città intrigante e ricca di stimoli.
Suona che ti sarà aperto, ad accogliervi direttamente Beppe Schino, con discrezione e con fare da vecchio amico. Un architetto che diciotto anni fa abbandona la professione per dedicarsi alla sua passione, l’amore per il territorio e per i suoi prodotti, con una cucina fedele interprete della tradizione e custode dei sapori veri di una terra che rimane ancora legata a stereotipi gastronomici superati ma forse troppo forti per essere eradicati.
Non dobbiamo abbandonare ma sostenere i tanti come Beppe, cultori e custodi del buon cibo a una cultura assopita che vuole imporre l’apparire all’essere, e che ha relegato una città all’ovvio culinario.
La cucina dell’architetto non usa scorciatoie culinarie ma è fedele e garante dei sapori autentici, frutto della passione di chi ama ricercare per preservare e rivalutare.
Le ricette sono tutte calibrate nel gusto, la materia non è stravolta da tecniche innovative e tentativi di copia e incolla. Lo chef è scevro da contaminazioni varie…
Per i vini non ci sono problemi, dal corridoio in poi c’è l’imbarazzo della scelta, sicuramente tanto territorio, tanta ricerca per il naturale e attenzione per le piccole realtà. Insomma una carta vini non scontata dove si trovano anche chicche nazionali, proposte anche al bicchiere.
L’inizio è da classico “apristomaco” alla barese, con carota di Polignano, extravergine e olive Nolche spadellate, naturalmente con pane e taralli.
In seguito vengo solleticato da vari antipasti ben presentati, come il Pacherò ripieno di baccalà e polenta fritto, apparentemente banale, ma ricco nei sapori, dal pomodoro grigliato, alle olive dolci al forno, a panatura era friabile, leggera, fresca e fragrante;
Più classicheggiante il polpo su crema di fave di Carpino e ravvivato dalla cipolla rossa di Tropea caramellata.
Un salto nei miei ricordi di bambino lo faccio con la Cialledda personalizzata e rivista con purea di patata, carciofo spadellato, pomodorini grigliati, sponsale fritto e frisa sbriciolata, e naturalmente olio extravergine a fiumi: che bontà.
Nei primi piatti mi faccio “prendere in giro” dalle ruote pazze di Beneddetto Cavaliere con fagioli di Sarconi, arricchiti con bottarga di muggine e rape, per un gusto completo, dove sapidità e morbidezza si fondono bene, rilevate e controbilanciate dal vegetale delle rape delicatamente amarognole, gusto delicato e deciso.
Classico nel gusto ma sempre ben accetto è l’agnello delle dolomiti lucane in casseruola con lampascioni, patate e funghi Cardoncelli.
Pensavo di aver finito ma Beppe mi delizia con un Tocco di baccalà “troppo buonoooooo” e io al baccalà non so dire di no, preparato con cavolo verde e pomodoro reggina di Torre Canne, apparentemente banale, ma ottima la cottura che lascia i sapori tal quali, dalla semplicità commovente: e anche qui ho
esagerato con l’extravergine…
Non mancano i fuori menu frutto della spesa quotidiana, soprattutto perché a due passi c’è il porto con i caratteristici ambulanti.
La lista dei formaggi è continuamente aggiornata e troverete solo chicche di piccoli produttori e nulla di industriale.
Lo ammetto, non sono molto attendibile nella valutazione dei dessert, visto che non amo molto il dolce, ma il semifreddo alla liquirizia mi conquista senza esitazioni; e non manca il dessert di castagne, aromatizzate con liquore Strega e crema all’arancia, come me pure il tortino di pere è da veri golosi.
Per tutto il pasto mi è stato proposto il Maccone 17°di Angiuli, un primitivo di Gioia del Colle che conoscevo, ma non bevevo da tempo. Caratteristica da non sottovalutare è la non filtrazione, un vino ottenuto da vigneti di ottant’anni nel comune di Acquaviva. Fermentazione in acciaio e successivo affinamento per diciotto mesi.
All’olfatto si apre da subito con frutto rosso come ciliegia e amarena, seguito da liquirizia e spezie come sandalo e incenso, avvolte da delicato floreale e note finali di fava di cacao, come pura la buccia di arancia disidratata; al palato ha un esordio ricco di freschezza con un tannino ben sfaccettato e piacevole morbidezza, ma misurata e non invadente. Molto equilibrato nel complesso, a dispetto dei suoi 17° che sono ben ammantati dal frutto.
Dopo il caffè e naturalmente aver pagato il conto, Beppe accompagna tutti alla porta per il commiato, così come prevede il galateo. Il conto non andrà oltre i 35/40 euro a persona per un menu completo, per un fast lunch si possono spendere anche 25 euro e anche meno.
Perbacco
Via Abbrescia, 99
tel. 080.5588563-347.8957737
Ferie: tutto luglio e agosto; 24, 25 , 26 dicembre
Chiusura: sabato a pranzo e domenica
Carte tutte tranne Dinners