Oggi 9 settembre 2024 finalmente la tanto sospirata pioggia è arrivata: fitta, persistente, come la trama tannica dell’Aglianico di Michele Laluce.
Piccolo (solo per i suoi sette ettari) produttore di vino a Ginestra, appena dopo la città di Orazio, Venosa. Mani enormi, alto, dalla struttura che sembra il frutto di una selezione naturale per poter vivere e adattarsi a territori ostici.
La pioggia che ridona vita alle dolci colline della Basilicata appena rasate del grano, arse da un sole cocente che perdurava da mesi.
Niente più acqua, niente più vita. La vigna quasi si chiude a riccio quasi a volersi difendere; oggi può abbandonarsi al fragoroso e benefico scrosciar del temporale.
Mano tesa e occhi sorridenti anticipano una stretta di mano poderosa ma rassicurante.
Ieri 8 settembre non ho potuto neanche raccogliere l’invito di Michele per una passeggiata fra le vigne perché a 37 gradi qualsiasi cosa è rallentata, inibita, soffocata.
Una cantina essenziale ma ben organizzata per il suo lavoro, forse fin troppo attrezzata per la quantità di bottiglie che produce. La seconda generazione costituita dalle figlie agguerrite è già pronta a raccoglierne l’eredità con la chiara intenzione di mantenere e a far crescere i vigneti di famiglia.
Voglio partire dalla fine della degustazione che mi ha convinto del fatto che Michele sa fare il vino da solo, non ha bisogno di enologi e tecnici vari. Sa gestire le fermentazioni e conosce bene come lavorare la materia prima.
Ha sempre fatto selezione in vigna prima di tanti altri a cominciare dalla pota verde e poi durante la vendemmia attraverso i vari passaggi.
E come sempre il vino che “a me mi” ha coinvolto maggiormente è l’Aglianico vinificato e affinato solo in acciaio, da cui si evincono tutti i caratteri distintivi tipici di quel terroir unico che uomo e natura hanno plasmato insieme.
La mia prima riflessione va ai suoi tannini mai amari, ma sempre amaricanti; mai invadenti ma sempre presenti; mai aggressivi ma sempre efficaci.
Tannini che si sposano perfettamente con il frutto e la spezia su cui primeggia il pepe nero. Un susseguirsi di sfumature mentolate e balsamiche, con sbuffi di erbe officinali.
Caratteristiche ben evidenti nel S’Adatt 2016; fermentazione in acciaio e affinamento sempre in acciaio. Un vino da bere a pieni sorsi che non stanca mai e che dimostra come l’Aglianico del Vulture abbia quelle peculiarità di freschezza e di bevibilità innate nonché di longevità.
Per questo vino Michele sceglie le uve più fresche, e man mano che passano i giorni seleziona quelle per i vini da far affinare in botte. La vigna è sempre quella, tutta intorno alla cantina, mai lunghi percorsi che potrebbero creare ossidazioni alle uve: tutto sotto casa.
Poi ci sono le versioni come lo Zimberno, con una piccola percentuale di passaggio in legno e il Le Drude con il 100% di passaggio in legno: la storia del nome fatevela raccontare da lui.
Vini austeri, da bere nei grandi ballon, superiori a molti per eleganza e signorilità. Vini che si aprono in continuazione senza mai stancare. Vini emozionali, emozionanti…
Qualora decideste di andare avrete la possibilità di prenotare anche diversi pacchetti degustazione con o senza stuzzicare qualcosa. Hanno un’accogliente sala per gruppi dove sempre su prenotazione si può approfittare per assaggiare piatti e prodotti tradizionali. Fate attenzione, però! Non hanno letti… quindi non esagerate o fatevi accompagnare da qualcuno in grado di trasportarvi…
Per i contatti vi consiglio di chiamare la figlia Maddalena al 327 1761980
Azienda agricola Michele Laluce
C.da Serra del Tesoro, s.p. 10
85020 Ginestra (Pz)