Di Nunzio Quatela
‘Bottiglie dimenticate’ 7 febbraio 2020, degustazione guidata e condotta da Andrea De Palma.
Che avremmo avuto sorprese c’era da aspettarselo, il dubbio restava nel quali di esse sarebbero riuscite a domare quella curiosità che mette assieme, attorno ad un tavolo, una bella dozzina di indomiti ‘nasi’, nasini o nasoni come il mio, sempre alla ricerca di emozioni sensoriali e, perché no, di tanta voglia di stare assieme in buona compagnia.
Ed ecco che il carissimo Andrea De Palma, sapiente enogastronomo e sciabordante maestro di viaggio tira fuori, d’un sol colpo, otto bottiglie dimenticate in qualche recondito angolo di eno-mondo provincia di chissà dove, reduci da una guerra di circa vent’anni, chi più chi meno, vissuti in trincee dalle condizioni di conservazione improbabili e temperature imprevedibili quanto gli andamenti di borsa.
Otto decanter, cavatappi a lame d’obbligo, filtro in acciaio inox, ossigenazione di un paio d’ore e … via, si va: otto vini, otto assaggi, a caccia di sorprese, conferme o delusioni, senza aspettative ma con tanta curiosità. Un po’ come la vita.
Pajè, Barbaresco 1999 riserva , Produttori del Barbaresco,
Sgomberata la mente dal ‘tanto non ci racconterà nulla di che’ e sorpreso dall’integrità del sughero lascio che la luce ambientale si rifletta sul calice inclinandone su di un foglio bianco la media trasparenza di un mattonato ancora vivido e dalle lacrime lente. Al naso subito l’intensità delle note ossidative predominano ed il frutto si libera con dignitosa residua discrezione. Sentori di mela cotta al forno lasciano poi curiosamente intravedere fini rivoli di eucalipto, china, pellami, mandorla tostata, distinguibili ed integri. L’assaggio spiazza, vent’anni e ed ancora acidità rilevante, tenore alcolico notevole, grip tannico leggero a conferirne complessità. Sbuffi di grafite e rabarbaro, liquirizia e curcuma, humus e macis in chiusura, quasi a suggellarne la bellezza della storia che fu. Ha sorpreso l’integrità e la complessità pur nel suo ‘vissuto’ temporale.
Burlotto, Verduno Pelaverga 2006 riserva, Comm. G.B. Burlotto
Mattone, buona vivacità, si lascia attraversare sfrontatamente dalla luce e si muove lento nel calice. Al naso: frutto surmaturo, note evolute di carattere ossidativo. Si apprezzano sentori di cannella, cuoio, anice stellato e cacao amaro, banana surmatura, miele di castagno. Sorso pieno, morbido, tanto calore ma il frutto scarseggia e l’equilibrio cede ma senza crollare. Resta corto, freschezza ormai dileguatasi nel tempo e non più in sintonia con quanto rilevato al naso. L’assenza di difetti ha permesso l’assaggio ma la piacevolezza ha accusato tutto il peso del tempo trascorso.
Cabutto, Tenuta la Volta, Barolo vigna Sarmassa, 2000, riserva del fondatore
Rosso mattonato, con orientamento al mogano, trasparente e di vivacità alquanto leggiadra. Trama antocianica ormai sul viale del tramonto. Approccio olfattivo non particolarmente articolato, le note ossidative hanno prevalso sui residui sentori di china e cacao, fungo e humus polverizzando la residua percezione del frutto. Il tempo e la conservazione hanno minato le caratteristiche organolettiche relegando il sorso a mera fugacità e chiusura di sottobosco, peccato.
Marina Cvetic, Montepulciano 2005
Il rosso è fitto ed orlato di mogano, l’esordio olfattivo, nonostante la decantazione, libera sentori animali e di vegetali umidi offuscando il pregio del frutto ed evidenziando note ancora verdi. Lo porto all’assaggio senza desistere e con l’intenzione di risentirlo poi al naso dopo ulteriore ossigenazione. Al gusto acidità e morbidezza, tannino di rango, ritorni di chiodi di garofano, radici di liquirizia, note di tostatura di cacao e caffè. Non esagera nel frutto, ormai in declino, e dissona dai sentori rilevati all’olfatto ma conserva una apprezzabile freschezza gustativa. Risentito a fine serata, complice l’ossigenazione, i sentori poco eleganti si sono ormai diradati ma senza recuperare la piacevolezza di un gran vino per il pregio indiscusso di cui gode. Un piccolo tesoro che meritava maggiori attenzioni di conservazione.
Perillo, Taurasi 2003 riserva
Granato ancora vivido, mediamente trasparente, lento movimento inerziale nel calice. Naso intenso, tanto frutto in confettura, mirtilli, prugna disidratata, spezie emergenti di chiodi di garofano e noce moscata, ancora caratteri noir, ribes, radice di liquirizia e humus, foglia secca. L’assaggio rileva buona acidità e getta l’oblio sugli anni sulle sue spalle, ben sedici. Equilibrio, morbidezza, apprezzabile freschezza, tannino vellutato. Ed ancora: ritorni di cioccolatino Mon Cherì, frutto, sapidità, complessità gustativa articolata e quasi disarmante. Integrità, carattere, finezza, incredibilmente ancora succoso. Chiude con ritorni di cuoio, cardamomo, pepe nero e humus. Gran bella sorpresa nella sua piacevolezza.
Poliphemo, Luigi Tecce, Tarurasi, 2009
Rosso granato intenso e fitto, con orlo mattonato. Evidenti e repentine note di china, prugna cotta, confettura di amarene, tabacco. Fini sentori balsamici con piacevoli rilevanze di zenzero, polvere di caffè. Sorso pieno e avvolgente, pienezza, equilibrio, tannino levigato, intriganti riverberi di mandorla amara. Il finale ha smarrito la tempra del frutto pieno ma ha conservato piacevolezza in percezioni di cuoio, tabacco, china ed accenni di grafite. Ha conservato nel tempo struttura e complessità con finezza e personalità. Si è difeso a spada tratta, questa sera.
Pagliaro, Montefalco Sagrantino 2005, antica az.agr. Paolo Bea
Vivido il rosso mattonato di media trasparenza, si muove con personalità lambendo il calice. Evidenti note di viola secca, sottobosco, fungo, china, radice di liquirizia. Articolazione olfattiva complessa ed elegante confermata da un ventaglio di dattero, confettura di ribes e cacao. L’assaggio rileva fine morbidezza, tannino possente e setoso, cesellato da ritorni speziati di cannella e zenzero che non trascurano frutti neri maturi e fini. Concentrazione e struttura , persistenza e personalità ragguardevoli con chiusura di macis e caffè. Elegante equilibrio fresco sapido. Una sapiente e fine trama tannica ne ha supportato la ottima piacevolezza unita ad una longevità che ha reso, a mio modesto avviso, questo assaggio come il più pregevole della serata. Sorprendente.
Il Velluto, Amarone della Valpolicella classico, 2003 Meroni
Rosso aranciato, con evidenti trasparenze e degradazione cromatica legata al tempo ed alle condizioni di conservazione. Al naso restituisce sentori di salamoia ed eucalipto che assieme al cuoio sovrastano il frutto oramai dissolto. Il sorso è abboccato, grande morbidezza ma scarsa acidità e sapidità. Il medio bocca è caratterizzato da ritorni di vin cotto, caramello e dattero. Ha perso ogni spinta fresca laddove il tempo ha giocato a sfavore, un peccato per un gran bel vino.
In conclusione, una gran bella esperienza sensoriale. Il trascorrere del tempo e degli anni sortisce effetti diversi su vini differenti tenuti magari al caldo o alla luce e persino in posizione verticale.
Sagrantino Montefalco e Taurasi 2003 e 2009 e, ultimo ma non ultimo, Barbaresco i top della serata.
E’ stata una esperienza anche scoprirne e condividerne impressioni e piacevolezze. Otto vini, dodici amici, tanto tanto divertimento e … un caldo e succulento pentolone finale di trippa con fagioli borlotti e patate che….
Le bottiglie saranno anche state dimenticate chissà dove ma la trippa, la trippa è stata indimenticabile
E …. che ve lo dico a fare !!
a fine serata ‘trippa per tutti’
2 commenti. Nuovo commento
Bravo Nunzio, bella descrizione precisa e particolareggiata di una delle serate di degustazione più interessanti tra quelle organizzate dal padrone di casa, Andrea De Palma negli ultimi tempi.
Bella la compagnia , da leccarsi i baffi la trippa , magistrale la conduzione di Andrea e interessanti scoperte con entusiasmo e delusione tra i vari assaggi.
Per quel poco che può contare anche la mia personalissima classifica di gradimento mette ai primi posti i due Taurasi, seguiti da presso da Sagrantino e Montepulciano,così come non qualificabili erano l’Amarone e il Verduno di Pelaverga di cui come è noto non sono un grande estimatore.
A chiusura una personalissima considerazione : ancora una volta i vini del sud Italia e delle regioni centrali hanno dimostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, di non aver nulla da invidiare ai vini blasonati del nord Italia, anzi pure in condizioni di conservazioni estreme , mantengono qualità e capacità di invecchiamento di tutto rispetto .
Speriamo di poter presto replicare un incontro di questo genere, magari con i bianchi da invecchiamento dimenticati nel garage di Andrea…..prosit
Grazie, Piero, onorato del tuo commento e speriamo che una prossima occasione ci regali ancora tante belle esperienze sensoriali come questa…. prosit ! Nunzio