Pino De Luca è una firma ben conosciuta in Puglia, in un supplemento pubblicato nel Mattino dedicato al Primitivo gli abbiamo chiesto un inquadramento generale. Che adesso vi offriamo come documento.
di Pino De Luca
Ogni vino ha la sua storia e all’assioma non sfugge il Primitivo. Allignato in Puglia in tempi remoti, dagli Illiri dicono alcuni, da Falanto e dunque da Sparta sostengono altre cronache che intendono porre la primogenitura nelle Terre Tarantine piuttosto che alle pendici della Murgia barese.
La questione continuerà perenne. Le fonti storiche accertate assegnano il naming a don Fancesco Filippo Indelicati, primicerio della chiesa di Gioia del Colle. Semplicemente perché il vitigno maturava in anticipo. «Primativus», dunque. Per dote propria. Era la metà del secolo XVIII. Un primo piccolo successo e la diffusione nella bassa Murgia.
Poi le nozze della contessina Sabini di Altamura con Don Tommaso Schiavoni-Tafuri di Manduria. La contessina portò in dote le barbatelle e Don Tommaso ne fece ottimo uso. Era il 1881. Qualche anno dopo la catastrofe. La Fillossera giunge in Puglia e fa strage della Vitis Vinifera.
Bisogna attendere il 1908 per cominciare a ripristinare la vite con il piede americano.
Ma a Manduria e Maruggio il Primitivo ha trovato casa eccellente e, da li, muoverà i suoi passi in tutto il Salento. La sua alcolicità lo renderà il vino preferito dalla Francia per dar sangue alle sue produzioni.
Nel 1969 Soloperto fa nascere nasce la prima bottiglia, un lustro dopo il riconoscimento della DOC. Primitivo di Manduria. Perché il Primitivo, quello vero, è sempre «di». Tutti i vini mostrano una cultura, ovviamente non sfugge il Primitivo, vino particolarmente preparato in geografia. Nessun altro vino sa rendere conto organoletticamente del suo legame con il territorio.
I palati più semplici sanno distinguere un Primitivo di Gioia da uno di Manduria; quelli più avvezzi anche il Primitivo di Sava, di Torricella, di Fragagnano, di Montemesola, di Avetrana, di Carosino, ecc. Alcuni, oltre alla terra, son capaci di dichiarare il nome del produttore. Difficile fare il Primitivo, il Primitivo non mente, è più che un vino, è «mieru»!
Allargando l’orizzonte al Salento esteso, nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto e avendo a disposizione uno spazio limitato ci sia concesso operare una distinzione per grandi linee fra le terre e il Primitivo che ne deriva.
Sarebbe splendido notare le differenze tra la vigna di Jaddico e quella della Maime, ma non possiamo permetterci questo lusso. Però il mare ci aiuta alla catalogazione. Ecco. Taranto e dunque Manduria hanno lo Jonio, vento di scirocco e di ponente portano il salmastro, venti caldi e terre grasse, dunque, i vini che ne discendono sono ricchi, sfarzosi, opulenti sia al naso che alla bocca. Nelle versioni dolce naturale anche imponenti. Di certo sono vini difficili da confondere. Il Liquoroso dolce naturale (17,5%) e il Liquoroso secco (18%), valicano il confine del vino.
I Primitivi Occidentali, in tutte le versioni, non hanno alcuna paura del tempo.
Ad Oriente c’è la terra del brindisino, mare Adriatico, venti di levante e di tramontana, più freschi, su terre sabbiose, leggere. Il Primitivo ha meno peso, ma più freschezza, al naso e alla bocca: vini precisi, di ricamo. Fini ed eleganti. Meno immuni agli attacchi del tempo.
Il Leccese è piena Messapia, terra tra due mari, rossa, ferrosa. Venti da ovunque, alberelli rustici, forti. Primitivo generoso, carnoso, possente, maschio. Poco propenso ai compromessi ma di una corposità che non lascia spazio a dubbi. Il tempo può essere un valido aiuto nel renderli più docili al naso e al palato.
Ogni Primitivo di buona fattura è come il libro di un cofanetto. Hanno tutti la copertina del medesimo colore, rosso rubino intenso, qualche riflesso sull’unghia col passar del tempo, ma ognuno racconta una storia che vale la pena asoltare.
Il Primitivo più buono? Quello capace di regalare «un momento di morbida libertà in una vivida realtà». Bevuto con il caro Duccio in un luogo magico tanti anni addietro. (Montecoco – Masseria Li Veli – Cellino San Marco.) Era il 2010.
Fonte: www.lucianopignataro.it