Durante il mio girovagare per l’Abruzzo capito nuovamente nella Marsica e con il mio amico Franco ci facciamo la nostra solita bevuta per confrontare vini di varia provenienza al fine di individuare novità, nuove tendenze e altre particolarità del variegato mondo vitivinicolo abruzzese.
Nel lavoro di servizio dei vini ci aiuta Salvatore, un giovane con tanta voglia di apprendere le tecniche di degustazione, il suo entusiasmo e voglia di capire mi incuriosiscono tanto da chiedergli di cosa si occupa e la sua risposta mi sorprende positivamente: “ho un ristorante di cucina tipica a Cappadocia”; e io naturalme
nte, essendo un cultore della cucina tipica mi fiondo nelle domande successive, “dov’è Cappadocia????? e se oggi a pranzo siete aperti”. Alla seconda domanda la risposta è positiva, mentre alla prima mi risponde, “arrivando capirai dove sono, quindi vi aspetto alle 13,30”.
La curiosità mi assale, faccio terminare in anticipo i lavori per correre verso questo scrigno di sapori perduti
Cappadocia dista solo 10 km da Tagliacozzo, ma devi salire la montagna fino a 1.100 mt, attraverso boschi fitti di faggete (qui c’è una delle faggete più grandi d’Europa) e numerosi maneggi che offrono rilassanti passeggiate nei boschi e, non mancano anche delle grotte visibili. Cappadocia è luogo di boscaioli e nella piazzetta del paese trova posto la statua del mulo, l’animale simbolo con cui i locali “ricacciavano” il legname dai boschi circostanti. Sia il nome “C’era una volta” che l’ingresso ristorante preannunciano una cucina di casa; sulla porta ci aspetta l’altro fratello, Marcello: identico a Salvatore che poi scopre essere il gemello.
Ambiente caldo e già pieno di gente, Salvatore e Marcello scorrazzano fra i tavoli con piatti pieni di zuppe di fagioli e chitarrina spezzata (pasta lunga di forma quadrata, spezzata per minestre al cucchiaio e lunga per ragu vari o salse ai funghi galletti e salsiccia).
Decidiamo
di partire da subito con pane tostato e l’ottimo extravergine di Valentini (sorpresona !!!!) e, mai l’avessimo fatto, facciamo fare a loro per il seguito del menu, “allora facciamo noi, così vi facciamo assaggiare piccole porzioni e vari piatti”.
Da qui, l’inizio della fine… I piatti non finivano mai e noi non riuscivamo a frenarci tanto erano buoni.
Partiamo dalla zuppa di pasta e fagioli, un piatto “strappalacrime” dal sapore sincero e dai profumi che ti catapultano indietro nel tempo, quando i contadini avevano sempre pronta la zuppa di fagioli o legumi vari nel camino come unica fonte di proteine e calorie per il lavoro nei campi. L’abbinamento con il peperoncino e l’extravergine ci obbliga a un carico di calorie non indispensabile, ma non ce ne preoccupiamo molto pensando sia l’unico primo piatto: aspettativa disattesa con aggravio calorico…
Il piatto successivo ci fa avanzare con la sedia: ci viene servito una -secondo loro, mezza porzione di chitarrina lunga con un ragu di funghi Gallinacci e pancetta; anche qui ci lasciamo andare a
peperoncino e formaggio pecorino. Un piatto così succulento che “chiama” spontaneamente la canonica scarpetta all’italiana.
Pensando fosse finita ci vediamo soprafatti dai due gemelli che repentinamente e senza che ce ne accorgessimo, ci cambiano i piatti e li rimpiazzano con degli gnocchi di patate con un semplice ragu di vitello, licenziandolo con un “questi li ha fatti mamma stamattina” e, quando li fa la mamma non
si può dire di no, rischiavamo il linciaggio perché alla mamma non si può dire di no. Che dire, si scioglievano in bocca e il ragu serviva solo a dargli una sferzata di gusto iniziale, ma poi il resto era solo poesia.
A questo punto siamo consci che siamo vittime della magnifica cucina della classica mamma e
inveiamo contro Marcello al fine di conoscere il grande chef che si cela sotto il nome “mamma”. Ma, restiamo piacevolmente stupiti quando vediamo uscire dalla cucina la signora Anna, che può essere l
a mamma di tutti, avvicinarsi e portarci personalmente degli agnolotti ripieni di pollo e Porcini e conditi con burro e salvia; e secondo voi potevamo ribellarci…?!?!? assolutamente non e quindi abbiamo dovuto addentare e godere di quest’ultimo primo piatto.
La signora Anna vuole sincerarsi personalmente se avessimo mangiato abbastanza … e con occhi, a cui non puoi dire di no, ci dice che ci farà assaggiare anche delle ottime carni “aiuto”…
Infatti, sono arrivate delle succulenti costolette di agnello sia alla brace che impanate e fritte, e arrosticini di pecora, insomma roba che potevamo scalare il Monte Bianco e tornare senza perdere un grammo. Non contenti, arriva un filetto di vit
llo che sembrava un budino.
Ormai esausti e satolli arriva lo “zuccherino” potete vedere da soli di cosa si tratta… si, infatti, sono zollette di zucchero aromatizzate in vari modi ed immerse nell’alcol e, sembra che sono richiestissimi soprattutto in inverno, quando a
Cappadocia ci si arriva a dorso di mulo per la neve, ma ora siamo a giugno!!!!!
E secondo voi poteva mancare la torta !?!?!?!?! Assolutamente no, ed ecco arrivare una zuppa inglese che non vedevo dai tempi della scuola alberghiera; manca solo la candelina e i confetti degli sposi e il matrimonio è consumato. Qui, mi armo di coraggio e riesco a dire di no!
Il tutto innaffiato da un ottimo champenois dell’azienda Centorame di Lamberto Vannucci.
Per il rientro abbiamo dovuto ciamare il soccorso alpino.
Ristorante “C’era una volta”
Via Don Calabria 3
Tel: 0863.070641
67060 Cappadocia (AQ)
Chiuso il mercoledì
Ferie in inverno
Menu 25 a 35 euro