“…Ma è grasso ?”; “…Ma si può mangiare ?”; “La vedo troppo scura…!!! ”; “Ma sarà buona ?”.
Queste e altre domande si alternano davanti al banco del macellaio. Dubbi dovuti non alla poca qualità del prodotto, bensì alla poca conoscenza della materia prima da parte del consumatore.
Colpe non loro, ma “figlie” della nostra epoca del benessere la quale ci ha fatto dimenticare la succulenza, la piacevolezza e le potenzialità culinaria del quinto quarto del maiale, un animale presente in tutte le famiglie contadine d’Italia.
Introduzione doverosa per parlare di una ricetta che si ritrova in molte regioni, diversa per territorio che esalta la forza della cucina dei “campanili”, da sempre snobbata dalla ristorazione, ma che ora saranno di grande attualità per ridurre il costo piatto e aumentare la redditività.
Voglio evitare di dare pesi vari. Questa ricetta, come tante altre, non hanno delle regole ben precise, l’aspetto importante sono le tecniche di cottura come la rosolatura e la cottura lenta in casseruola.
Partiamo -a fiamma alta- dalla preparazione del classico soffritto all’italiana -tagliato a pezzettoni, in modo che le verdure si ritrovino dopo la cottura, sedano, carota e tanta cipolla facendola rosolate il tutto con olio evo, alloro e rosmarino, aggiungendo brodo vegetale poco per volta in modo da creare una crema con le verdure. Il tutto accompagnato da peperoncino e prezzemolo tritato in parte all’inizio, in parte alla fine.
Aggiungere i pezzi di carne tagliati a piccoli pezzi (avendoli lavati accuratamente): lingua, trippa, polmone, fegato, milza, rognone e altre frattaglie che ben conosce il macellaio.
Ma non tutto si trova disponibile, quindi usate quello che trovate, in mancanza si possono aggiungere le costine di maiale sempre tagliate a pezzettini.
Rosolare il tutto fino a far perde l’acqua contenuta nella carne e bagnare con vino bianco e sfumare bene fino ad asciugare..
Una volta che la carne perde il vino uniamo, a fiamma bassa dei pomodori freschi o pelati o addirittura salsa, in base alla propria preferenza: c’è chi lo preferisce rosso e chi invece in bianco, io lo preferisco sugoso in modo da mangiare tanto pane alla fine e fare la sacrosanta ‘scarpetta’.
Cuocere a fiamma bassa molto lentamente e a cottura ultimata spegnere la fiamma e aggiungere del Grana Padano media stagionatura per dare più sapidità al piatto e aggiustare di sale.
Servire con pane tostato a fette, cospargere di prezzemolo tritato e olio Evo e innaffiare con vino rosato Dandy di mazzone:
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