Siamo in Basilicata alle pendici del vulcano Vulture e qui dimora uno dei vitigni più importanti d’Italia, l’Aglianico, da cui scaturisce un vino dal carattere deciso dal colore impenetrabile e, profumi che spaziano dai frutti neri alle spezie, ma soprattutto con un corredo tannico davvero importante.
La zona di produzione è abbastanza circoscritta fra i comuni di Rionero, Melfi, Maschito, Barile, Venosa e Rapolla e, in quest’ultimo c’è Antonio Cascarano con i suoi cinque ettari e una cantina storica da cui prendono vita dei “nettari” di poesia purissima come il Camerlengo.
Antonio è un professionista che ha deciso di ritornare alla sua terra e dare lustro e dignità a un territorio splendido facendo vini in modo artigianale con la classica ricetta dell’ascoltare la vigna e rispettare la terra.
In cantina l’unico segreto per la lavorazione è l’olio di gomito, esperienza e tanta pazienza. Qui la materia prima è coccolata mai stravolta affinché arrivi sana e integra dalla vigna… e ogni annata è diversa dall’altra unico indicatore del vino di qualità.
Il Camerlengo degno figlio di Antonio, istrionico, estroverso, camaleontico, goliardico e amante della sua terra e, che non vuole assomigliare a nessuno, nasce dalla vigna Piano di Croce, su terreni ricchi di nutrimenti dati dalla colata di pietra lavica del vulcano addormentato a circa 550 mt s.l.m. con fermentazione spontanea e affinamento in tini di legno (castagno prodotte in Basilicata): non chiedetemi per quanto tempo perché la risposta di Antonio è “quanto basta” …
Ma, torniamo al titolo che ci vede coinvolti nella degustazione dell’annata 2009 molto interessante perché abbiamo assaggiato quattro formati diversi di bottiglie con all’interno la stessa annata ecco perché chiamata ‘Diagonale’ per comprendere la capacità evolutiva in base al formato.
Si, perché Antonio si è divertito da sempre ad imbottigliare il Camerlengo nei vari formati, ma solo per farne una memoria storica che apre in occasioni speciali: bottiglie che si vendono poco o mai.
Premetto che dopo svariati confronti emerge che non esiste una regola esatta, ogni annata reagisce diversamente; ci sono annate che evolvono meglio nei grandi formati e viceversa.
Ma, ma si considera sempre l’evoluzione al momento in cui stappiamo una bottiglia, perché è solo allora che valutiamo il vino, cioè nel momento che lo dobbiamo bere.
Ed è inutile scommettere su quello che berremo se la stappiamo fra un anno o fra dieci anni… la valutazione va fatta nel momento che dobbiamo bere il vino, viceversa possiamo solo fare delle valutazioni approssimative e scommettere sul futuro; perché un vino artigianale è materia viva e l’esperienza mi dice che ogni vino non è pronto ma lo potrebbe essere domani e viceversa.
Insomma, a mio modesto parere e dopo aver ascoltato gli altri partecipanti, la 2009 di Aglianico Camerlengo è sembrata più pronta nel formato più grande la Mathusalem che contiene sei litri di vino.
Il Camerlengo ha sempre nel suo corredo olfattivo frutti neri come mirtillo, amarena, mora, spezia nera e sprazzi di anice e liquirizia. Non manca mai la nota balsamica, china, rabarbaro, cuoio dolce e tabacco scuro.
Al gusto è sempre deciso con impronta tannica amaricanti importante e, caratteristica comune a molti Aglianico. La spalla acida è sempre di rielevo sempre supportata da tanta mineralità e un estratto importante.
In questo contesto abbiamo preso in considerazione la capacità espressiva dei profumi e la loro qualità, mentre al gusto abbiamo considerato l’evoluzione dei tannini in combinazione con il frutto e l’equilibrio generale fra i vari componenti, nonché la piacevolezza di frutto nel finale gustativo… cioè: cosa mi lascia il vino alla fine nel palato e quanto si fa ricordare?
Voglio precisare che stiamo parlando di bottiglie di altissimo livello, qui non c’è il più buono o il più brutto, noi abbiamo solo espresso una valutazione di bevibilità al momento dello stappo… ma sicuramente ogni bottiglia ci racconterà una storia diversa negli anni a venire, capovolgendo tutto o confermando.
La MATHUSALEM, a mio modesto parere, è sembrata più pronta delle altre. Nel complesso emerge tanta eleganza olfattiva i profumi puliti e ben distinti e molto persistenti. Al gusto è la piacevolezza del frutto che prevale con le parti morbide, mentre tannini e acidità arrivano appena dopo ad equilibrare il tutto, senza mai prevalere.
Il seguito è solo sapidità, mineralità e tanta piacevolezza con l’amaricante dei tannini che si fanno sentire accarezzando le gengive; piccola nota conclusiva è il pepe nero che ti solletica il palato.
In conclusione un vino molto raffinato che a bottiglie coperte avrebbe dato filo da torcere a tanti vini esaltati e blasonati del centro e del nord.
La JEROBOAM da tre litri sfoggia gli stessi profumi ma leggermente contratti; emergono più note scure come la grafite e il resinoso con sbuffi di incenso. Al gusto il tannino è leggermente meno evoluto e prevalgono sul frutto. I toni balsamici avvolgono la onnipresente sapidità e mineralità. Il finale ha una nota di pepe verde e frutto. In conclusione un gran vino ma magari il prossimo anno sarà più equilibrato.
La MAGNUM da 1,5 litre ha un esordio nei profumi quasi da vino novello ricco di frutto rosso vivido, fresco con sfumature di alloro ed erbe officinali, manca il corredo ben distinto dei frutti neri come i precedenti. Al gusto la nota mentolata è prevalente, ricco di frutto e succoso con tannini meno evoluti ma con un finale succoso e piacevole. In conclusione un vino contratto che berremo bene nei prossimi anni.
La classica bottiglia che trovate nel ristorante cioè la 0,75 sembrava un succo di amarena, ritroso al gusto e nei profumi. Con tannini che sembravano molto giovani, forse ancora troppo irruento, perdeva nella sua eleganza. In conclusione un vino da lasciare in cantina per qualche anno.
Ma, anche qui è doverosa una precisazione; quando andiamo al ristorante dobbiamo pretendere di decantare un vino del genere, perché il piccolo formato per tutti i vini di qualità è un costrittore di profumi e del gusto, quindi ossigenare bene nel decanter e nel bicchiere bello ampio.
Magari iniziamo a sorseggiare una bollicina ancestrale Jinette sempre di Antonio (https://andreadepalma.it/cascarano-antonio-rapolla-jinnete-ancestrale/ ) e così diamo il tempo al vino di allargarsi ed esprimere al meglio le sue potenzialità…
Concludo augurandovi sane bevute con vini come quelli di Cascarano, e soprattutto andate a trovarlo per farvi coinvolgere dalla sua esuberanza e passione per le tradizioni e la sua terra.
Camerlengo
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