

⏱ Tempo di lettura: 5 minuti
E sì, lo confesso: l’assassino torna sempre sul luogo del delitto.
“Chevelodicoaffare”, questo territorio mi rapisce ogni volta. Quale? Ma Loreto Aprutino, ovviamente. Per voi forse sarò diventato pedante, ma per me andare da quelle parti è come attraversare un pezzo di Puglia trapiantato in Abruzzo: uliveti che si stendono a perdita d’occhio, vigneti a pergola che si contendono il terreno con la Dritta di Loreto, e poi campi di cereali e legumi.
La Dritta, questa varietà di oliva, non scherza mica. Ha la presunzione – giustissima – di produrre un extravergine dai profumi vegetali intriganti, con una carica polifenolica che non ha nulla da invidiare alla Coratina pugliese.
E i legumi? Qui il mio cuore batte forte per il fagiolo Tondino del Tavo. Piccolo, ma con un carattere enorme. Basta guardarlo in foto: non serve aggiungere nulla, a parte i soliti alleati – aglio, alloro, rosmarino, salvia – e magari un peperoncino per i più temerari. Poi lo condisci con l’olio extravergine di Dritta e il piatto diventa un concerto di profumi. E lì, inevitabile, ci vuole il vino.

Tondino del Tavo
E di vino, qui, non manca proprio niente. Loreto è un terroir generoso. Ora, non vi annoio con le solite litanie su esposizioni, altitudini e microclimi: le avete sentite mille volte. Quello che conta è la cura della vigna.
Uno dei custodi di questa terra è Gaetano Carboni, insieme a Hela Bonaci, alla guida dell’azienda agricola Amorotti. Una realtà che affonda le radici nel Cinquecento, dove oltre a grano, cereali e legumi, da sempre si coltivava anche l’uva. Poi, qualche anno fa, la decisione: non solo vendere, ma vinificare e imbottigliare. Il tutto seguendo metodi tradizionali, artigianali, senza compromessi.
La cantina di affinamento e produzione non è in campagna, ma nel palazzotto di famiglia, in pieno centro storico di Loreto, in via del Baio. Nota a margine per intenditori: sulla stessa via si trova anche la famiglia Valentini. Ho detto tutto.
Ecco, durante le degustazioni mi sono ritrovato spiazzato. Perché? Perché a ogni sorso riconoscevo un’eleganza costante. Non era solo questione di tecnica: i vini – Montepulciano, Cerasuolo e soprattutto Trebbiano – parlavano chiaro. Era il terroir di Loreto che si faceva sentire: profumi delicati ma decisi, che si aprivano con eleganza e restavano a lungo. Al palato, frutto in abbondanza, sapidità infinita, e quell’acidità sempre presente a ricordarti da dove vengono.
Per accompagnare il mio piatto di fagioli, ho scelto il Cerasuolo. Dal colore inconfondibile – e mi raccomando, non chiamatelo rosato. Piccoli frutti rossi, la ciliegia onnipresente e la fragolina, poi una scia agrumata che ritorna anche al sorso. All’inizio sembra sommesso, ma subito esplode in un frutto generoso, appagante. Sapore, tanto sapore. Mineralità che porta la firma del territorio. Acidità che certifica la provenienza. Persistenza che imprime nella memoria l’appartenenza.
Concludo. Non sono vini “tutto e subito”. Sono vini che chiedono pazienza. E meditazione.
Amorotti
Via del Baio 31
Loreto Aprutino
cell: 349 4003131