Già il nome dice tutto: Le Zie. Un richiamo affettuoso, quasi nostalgico, che anticipa un’esperienza fatta di semplicità e rassicurazione. A Lecce, in questa piccola trattoria a conduzione famigliare, si cucina come una volta e si accolgono gli ospiti come se fossero a casa.
Appena entri, l’ambiente parla chiaro: tavoli apparecchiati con sobrietà ma con la tovaglia vera, non le solite tovagliette all’americana. E per chi, come me, non sopporta quelle mise en place minimaliste con le posate adagiate su un freddo poggiaposate, questo è già un ottimo inizio.
La tovaglia, per me, è simbolo di un desco domestico, di quel calore che unisce convivialità e rispetto per chi si siede a tavola. Oggi sembra quasi una reliquia, eppure — paradossalmente — ci ritroviamo ancora a pagare il “coperto”. Ecco, mi chiedo spesso cosa significhi davvero questa voce di conto: forse è come se il meccanico mi chiedesse un supplemento per l’uso degli attrezzi?
Polemiche a parte, c’è chi ha avuto almeno l’onestà di ribattezzarlo servizio sul menù. E già lì, mi sento un po’ più compreso.
Ma torniamo al cuore di questo racconto: perché parlare delle Zie?
Perché un sabato a pranzo, con Lecce piena di ristoranti e alternative, i suoi cinquanta coperti si sono riempiti in pochi minuti. Con la fila fuori, composta anche da qualche volto noto. Un sabato a pranzo, sottolineo. Non la sera, non un evento. Eppure, la gente aspettava.
Allora una domanda nasce spontanea: perché?
I prezzi popolari, certamente, hanno il loro peso. Ma non basta. C’è di più. C’è l’atmosfera genuina, quella dolce accoglienza delle signore di sala che non “servono” i tavoli, ma li accudiscono. È un’altra cosa. È uno stare lì che sa di cura, di casa, di rituali antichi che si stanno perdendo.
Forse il pubblico è semplicemente stanco di una ristorazione supponente, autoreferenziale, che ha smarrito il cliente per strada, tutta protesa a compiacere se stessa e il proprio ego. E non sono il solo a pensarla così: lo si legge ormai sempre più spesso sulle testate di settore.
E allora eccomi lì, seduto al tavolo, deciso ad iniziare con un piatto che amo e che rappresenta il Salento: ciceri e tria. Un piatto simbolico, preparato con amore anche altrove — come ricordo di aver assaggiato a Felline, sempre da mani casalinghe: https://andreadepalma.it/salento-marta-cesi-felline-vite-colta-puglia/ .
Il primo sorriso è già nel piatto: generoso nella quantità, avvolgente nel profumo. I ceci erano saporiti, cremosi, la pasta ben cotta e con quel tocco croccante della versione fritta. Personalmente, ho preferito la versione di Felline, forse perché amava spingersi un po’ più in là con il contrasto di consistenze, ma qui l’equilibrio era perfetto. Un piatto da mangiare a cucchiaiate, senza pensieri.
Poi sono arrivate le polpette di carne con cuore di formaggio: un concentrato di semplicità e gusto, senza inutili sovrastrutture. Solo buone.
E quando pensavo fosse finita, ho ceduto: pezzetti di cavallo al sugo. Amo il cavallo in tutte le sue versioni, e qui era cotto come si deve, in un sugo che richiedeva la scarpetta. E la scarpetta c’è stata, eccome.
Colmo e soddisfatto, ho chiuso con un liquore all’alloro — digestivo e poetico — e mi sono alzato, anche un po’ a malincuore, per lasciare spazio a chi ancora attendeva pazientemente fuori.
Chiariamolo: qui non si fa cucina d’autore, e non si cerca nemmeno di farlo. Non c’è nessun piatto da “interpretare”, nessuna lezione da ricevere. Solo cibo fatto bene, con amore, per nutrire prima il corpo, poi la memoria.
Il valore vero è l’insieme delle emozioni che si provano dal momento in cui ci si siede a quello in cui si esce. Non servono spiegazioni, né maître che si prodigano in monologhi da enciclopedia, né sommelier che ti raccontano poesie mentre il piatto si raffredda.
Alle Zie si torna per la semplicità, che oggi è una rivoluzione. E a chi ancora la sa proporre, va detto grazie.
Trattoria Le Zie
Via Colonnello Archimede 19
Lecce
tel: 0832245178