Conosco Marta Cesi da anni, grazie al suo Negroamaro Magredè. Ma questa volta il mio viaggio aveva un obiettivo diverso: scoprire da vicino la sua osteria Vite Colta e, naturalmente, assaggiare qualcosa di buono.
La frase sulla parete dell’Osteria già racconta la filosofia di Marta e del suo lavoro: ” La cosa migliore che potrebbero fare i grandi della terra è ZAPPARLA.
Prima di entrare nel cuore della serata, è giusto soffermarsi sul contesto. Felline è un piccolo gioiello del Salento, un paese minuscolo e incantevole dove il tempo sembra sospendersi. Ideale per vacanze silenziose, lontane dal caos, eppure a soli cinque minuti da un mare spettacolare, con sabbia bianca e boschi protetti. La macchia mediterranea è protagonista: cespugli di mirto, pini altissimi e profumi che si insinuano sotto pelle.
Perché vi racconto tutto questo? Perché è esattamente ciò che si ritrova nei vini di Marta, in particolare nel Magredè: note di resina, sottobosco di pineta, pepe nero aromatico e quella spalla acida che, unita ai tannini, restituisce un’esperienza vibrante: un Negroamaro vero. Un vino che prometto di riscoprire in autunno, ora fa troppo caldo per apprezzarlo al meglio. Ma andiamo con ordine.
Arrivo a Felline e parcheggio. Il centro storico è davvero raccolto: due piazzette, che fanno da cornice all’Osteria di Marta e ad altri ristoranti. Poco distante, trovo anche l’ufficio dell’albergo diffuso dove ho prenotato per la notte. Un progetto lodevole di recupero architettonico che ha restituito vita a molte case intorno e fuori dalle piazzette.
La prima impressione è quella di un paese semi-deserto. Alcuni anziani, seduti con discrezione ai margini della piazza, sembrano far parte di un consiglio comunale all’aperto, pronti ad accogliere chi arriva.
Alle 19, puntuale, mi incontro con Marta. La piazza inizia a riempirsi piano piano. I tavoli si moltiplicano, si allestiscono cene, si apparecchia per almeno 200 coperti. E mi chiedo: ma tutta questa gente da dove arriva?
Accolto da Marta, iniziamo la degustazione con i suoi vini base: Negroamaro e Primitivo. Mi incuriosisce subito la linea da litro, nelle versioni bianco, rosso e rosato. Un’idea geniale per valorizzare appieno i sei ettari di vigneto e rendere omaggio alla tradizione contadina.
La tecnica del vino “Nustrale” è semplice e radicata: dopo la raccolta delle uve destinate ai mosti fiore di qualità (Magredè, Racimolo e Lunatico), le vinacce vengono pressate, e il mosto residuo fermenta spontaneamente. Il risultato finisce nelle bottiglie da litro, pronte per il consumo quotidiano. A vendemmia finita, si unisce tutto: Negroamaro e Malvasia Nera.
Il risultato? Un vino rustico, schietto, privo di difetti evidenti. Da bere con semplicità, nel bicchiere basso, “alla contadina”, con il mignolo in alto, ben fresco, senza pensieri. Un vino che non ti tradisce mai. Tutta la produzione è a fermentazione spontanea, realizzata con tecniche artigianali e senza l’uso di chimica né in vigna né in cantina. E ci tengo a sottolinearlo.
Poi è il momento del Racimolo, da uve Negroamaro: lavorato solo in acciaio, è un vino diretto, fruttato, con le classiche note balsamiche. Al sorso, emerge tutta la personalità del Negroamaro di Marta: spezia nera, acidità ben presente, tannini decisi e un finale che sa di macchia mediterranea e salsedine.
Il Primitivo Lunatico segue lo stesso stile. Potrebbe persino essere servito leggermente rinfrescato. Le sue note di ciliegia e la stessa vena salmastra lo rendono fresco e morbido, con una piacevolezza immediata. Un compagno perfetto per l’intero pasto.
E a questo punto, lo stomaco chiama vendetta. Inizia la cena, naturalmente salentina. Non potevo resistere: sono andato direttamente in cucina a conoscere le cuoche. Donne sorridenti, simpaticissime, che mi hanno fatto sentire a casa. È da qui che dovrebbe ripartire la ristorazione: dal sorriso e dalla semplicità.
L’antipasto è una melanzana fritta e poi passata al forno con formaggio: perfetta per placare i primi morsi di fame. Poi arriva una freschissima insalata di patate, pomodori e tanto altro: tanto era buona che l’ho mangiata con il cucchiaio.
Ma il piatto che davvero conquista è il simbolo della cucina salentina: Ciceri e Tria. Lagane (o tagliatelle larghe, chiamatele come volete), in parte fritte, accompagnate da piccoli ceci saporiti. Un piatto che è poesia pura, in cui ogni sapore racconta una storia.

CICERI E TRIA
La pasta era al dente, tesa sotto i denti, con il crunch irresistibile della parte fritta. Subito dopo, le cicorie con polpettine di pecorino mi riportano ai ricordi d’infanzia: piatti semplici, sinceri, come quelli che cucinava mia nonna. Le polpettine, in particolare, erano fatte con cura certosina.
Il colpo di grazia alla mia fame arriva con la melanzana ‘mbuttunata: ripiena di menta, formaggio, pomodori secchi, aglio, capperi e acciughe. Cotta in salsa di pomodoro, con patate lesse di contorno. Un piatto ricco, saporito, intensamente identitario.
Una cena di cucina casalinga, autentica, dal prezzo popolare. Un’esperienza che porterò sempre con me.
Nel frattempo, la piazzetta si è riempita. I tavoli sono tutti occupati. Un gruppo di cantori anima la serata con musica popolare salentina. Origliando tra i tavoli, scopro che gli italiani sono pochi: la maggior parte dei presenti sono turisti stranieri, affascinati – come me – da questo piccolo angolo di paradiso chiamato Felline.
Vite Colta di Marta Cesi
Lgo Piazza Castello, 14, 73040 Felline LE
Telefono: 348 779 2184