La pugliesità che ci rende orgogliosi, con le sue professionalità che anche a distanza onorano una terra in continua evoluzione.
Martino Ruggieri nasce 30 anni fa nella soleggiata Valle d’Itria, studia nell’alberghiero di Castellana Grotte e come tanti giovani talentuosi emigrano per fare carriere e restano fuori. Lui, oggi lavora presso il Ledoyen Pavillon, uno dei ristoranti più importanti della Francia e del mondo (è al n°31 della 50th Best restaurant).
Ora lo aspetta la sfida europea dello stesso concorso, e se lo supera ci sarà il girono internazionale…
Grazie a Martino e ai tanti ragazzi che ci rendono orgogliosi di essere del sud…
Vi allego l’intervista fatta da Luciano Pignataro direttamente a Martino, da cui emerge la tenacia dei nostri giovani talenti del sud..
di Luciano Pignataro
Parla pugliese la finale italiana di Bocuse d’Or. È stato Martino Ruggieri, head chef del Pavillon Ledoyen, a conquistare l’ambito podio. E al suo fianco, riconoscimento anche per il suo commis, il giovanissimo Curtis Mulpas. Insomma, i ragazzi di Allèno hanno portato a casa uno straordinario risultato, probabilmente inaspettato nell’ambito di un concorso particolarmente tecnico.
Martino ti aspettavi questa vittoria?
A dire il vero no. Certo, si compete per vincere, ma Bocuse è un concorso che richiede molta tecnica. Io ho cucinato partendo da un progetto identitario. Ho raccontato una storia, la mia storia, dall’adolescenza in Valle d’Itria, con tutto il bagaglio di vita maturata come vuole tradizione, alle materie prime, passando dalle tecniche di cucina acquisite con l’esperienza e all’utilizzo di spezie e prodotti che hanno dato un carattere internazionale al mio piatto. Ma questa è la mia vita infondo. A questo ho associato un progetto estetico frutto di una constante condivisione e di un serrato confronto con Allèno. Devi avere una storia da raccontare altrimenti non ha senso partecipare a questo concorso. Ho trovato un filo conduttore che ha unito piatto vegetale e piatto di carne. E quel filo, per me, è stato il viaggio della mia vita.
Che storia hai raccontato nei tuoi piatti?
È la storia di chi porta con sé un mondo intero racchiuso in un bagaglio a mano e che guarda casa sua da lontano. C’è un legame fortissimo con le radici che ho voluto riportare nella struttura del piatto che è una rivisitazione post moderna del Trullo, emblema della mia terra, di Martina Franca, in un gioco di materie e di colori, con il dualismo del bianco e del nero.
Ti ha chiamato Allèno?
Sì, ho sentito lo chef, a dire il vero l’ho sentito ogni giorno più volte al giorno. Ieri mi ha detto che fino ad ora abbiamo giocato e adesso bisogna iniziare a lavorare sodo. E sono pronto a cominciare a pensare a un nuovo progetto.
Su cosa si baserà Torino 2018?
Voglio andare in Europa e cucinare italiano. Ad Alba ho raccontato la mia Puglia, questa volta parleremo di italianità, di identità nazionale con materie prime nostre, con le nostre tecniche di cucina. Sarebbe bello che in Italia crescesse la sensibilità delle istituzioni e degli imprenditori verso un settore come questo che è ormai il vero marchio identitario della nostra tradizione nel mondo. Sarebbe bello creare un movimento di cucina italiana che sia riconoscibile in tutto il mondo. In molti casi dietro una candidatura c’è una Nazione, in Italia il Bocuse è sempre stato sottovaluto o non tenuto nel debito conto. Anche questa è una motivazione in più per vincere questa sfida.
Fonte: www.lucianopugnataro.it