Ci voleva Giuseppe Cupertino del Fis Puglia per portare in Puglia un’approfondita dell’Amarone di Romano Dal Forno e, l’occasione è ghiotta e imperdibile per un curioso come me, nonché amante del vino.
Tutto questo avviene a maggio, nella splendida location a Borgo Egnazia. A presentare la serata uno inossidabile Cupertino, con Marco Dal Forno in rappresentanza di tutta la famiglia. E, aldilà della bella serata e piacevolezza dei vini spicca l’ennesima eccellenza italiana, di una famiglia che da zero, riesce a creare un marchio affermano nel mondo.
Poi possiamo anche dibattere che, costa troppo, è un Amarone oltre lo stile classico del territorio, fatto sta che come un suo simile in Abruzzo, un certo e indimenticabile Gianni Masciarelli, ha fatto scuola e, ha contribuito a divulgare oltre confine non solo il marchio aziendale, ma anche un territorio e un metodo di lavorazione stracopiato da tutti; poi, può anche non piacere, ma è così… e ci stà.
Una storia come tante, di una famiglia che parte dal nulla e, i sogni del capo famiglia che rasentano l’assurdo. Ma Romano Dal Forno, pochi soldi e tante speranze, ci prova e vince.
Tutto inizia verso la fine degli anni ottanta, quando il giovanissimo Romano, assieme alla moglie decide di mettere a frutto la sua passione per il vino e, con pochi soldi e tante speranze, inizia a raccogliere bottiglie vuote dai vari ristoranti per poter imbottigliare il poco vino ottenuto dalle poche vigne di proprietà.
La spinta propulsiva a migliorarsi arriva da un colloquio con lo storico Quintarelli e, da li a pochi anni, prima all’estero e poi in Italia, arriva il successo.
Nel 2001, Romano rilancia con un grosso investimento in cantina, tecnologia e innovazione sono di casa, per garantire la massima conservabilità del frutto e le migliori condizioni per un perfetto appassimento delle uve. Nulla è lasciato al caso e non potrebbe essere altrimenti in una realtà famigliare dove la parola d’ordine è proprio “perfezione” e una caratteristica saliente è la lungimiranza, sempre con i piedi ben saldi a terra. Obiettivo imprescindibile e qualità assoluta vendere il vino alle persone giuste.
Le degustazioni dei vari vini mi raccontano una storia abbastanza chiara; le prima annate di Romano, mostrano una molto artigianale e un’inevitabile variabilità gustativa dovuta ai millesimi e, con la speranza –ripagata- di poter reggere negli anni.
Con l’ingresso attivo dei figli nella gestione dell’azienda e con il perentorio obiettivo di penetrare mercati dell’alta società, si mettono a punto tecniche di lavorazione e di affinamento, che sono molto chiare e nette nel bicchiere, a partire dal cambio dei legni di affinamento; indubbiamente tutto positivo, ma a prima impatto l’impressione è di avere nel bicchiere un vino di grande eleganza e notevole struttura, sicuramente longevo, che può essere anche Amarone. Sicuramente tanta materia e tanto frutto ma tutto avvolto da spezia di botte, e poi tabacco, radice di china, liquirizia e tanto altro.
Per introdurci alle tecniche aziendali, partiamo con i Valpolicella con appassimenti lunghi come il fratello maggiore di circa 25 giorni, tutti i terreni sono sciolti e di origine alluvionale con ghiaia pulita, quindi perfetto drenaggio e umidità assicurata.
Tutti i bicchieri erano marcati Tutti da note di arancia amara, dovuta sicuramente al vegetale diffuso che rinfresca assieme al frutto come la ciliegia e la mora matura e, la salinità che arricchisce e risveglia il palato.
Valpolicella 2011
Primo impatto molto suadente con liquirizia, floreale, bella la spezia della barrique, con fondo di sapidità e succulenza di frutto, il tannino si fonde al caffè.
Valpolicella 2010
Qui il tabacco gioca con l’amarena e con il cardamomo, macis e cacao, per passare al caffè. Molto diverso dagli altri sfoggiando un’eleganza nobiliare. Grande struttura nel sorso, con tannino ben fatto, piacevolissimo, ritorno amaricante quasi vegetale, che rinfresca, fatto di frutto e succulenza. Un vino che berrei sicuramente, meno allineato al gusto modaiolo. Il finale è intriso di liquirizia.
Valpolicella 2007
Approccio olfattivo molto elegante, radice di china, inchiostro, boisè pulito, con espressività contenuta ma efficace. In seguito i profumi si arricchiscono di cacao e note mentolate e balsami. Il sorso evidenzia un tannino fresco e vivace, con un finale che si distende bene con frutto.
Amarone 2011
Il naso inchiostro china, mora matura, note di marasca matura, gelso rosso e finale sanguinolento, il colore macchia paurosamente, eleganza assoluta con alcol sommesso. Al gusto si mostra subito con alcol, poi seguono note tabaccose e tannino imponente, tanta succulenza di frutto, e poi prende il sopravvento la barrique nuova di rovere francese. Il gusto ha un’acidità spaventosa, succulenza di frutto e sapidità infinita. Notevole è la trama tannica che deve ancora fondersi alle componenti morbide. Sono vini che si berranno fra vent’anni.
Amarone 2010
Un vino che si concede subito con canfora, eucalipto, note mentolate e balsamiche, poi arriva l’amarena dolce e il cioccolato. Trama gustativa setosa, tannino vivace e ancora da definirsi e distendersi. Buona la spalla acida ben amalgamata al frutto ma non si allunga al gusto.
Amarone 2006
Un annata definita medio/buona. Si apre con difficolta al naso, ma s’intravede eleganza da vendere. Le prime a emergere sono le note di cuoio, che anticipano un eleganza oltre la media, fine fluente al sorso con amarena che si fonde al floreale, questo è davvero un bel vino e si legge netta la mano artigianale di Romano. Il gusto avvolge il palato di note salmastre e pepe, con cioccolato amaro, tanta acidità esplosiva, con tanto frutto e il tannino nobile perfetto, ricco, sincero, molto lungo e mentolato.
Una nota di classe comune in tutti vini è il sentore di buccia di arancia candita con cioccolato.
Se siete arrivati alla fine di questo racconto vuol dire che amate molto l’Amarone. Personalmente lo bevo accompagnato da cioccolato amaro e sigaro toscano originale.