Di solito durante le varie visite in cantina, il produttore inizia a ostentare il gruppo refrigerante, il maceratore rotante, il filtro ipertecnologico, le cisterne super controllate e, tanto altro per convincerci della bontà del suo vino prima di berlo e, poi grande soddisfazione nel presentarci i suoi “soldatini”, ben allineati e coperti.
Questa è la storia di tanti produttori, ma non è la storia di Daniela e Antonio (marito e moglie) che assieme a altri amici, decidono di iniziare a fare vino sotto casa, per il piacere di farsi piacere.
Non vi tedio con altre notizie che trovate ovunque, ma il vino prodotto inizia a piacere e Antonio decide di lasciare il suo tranquillo e rassicurante lavoro d’insegnante per dedicarsi completamente al loro progetto di vino.
Chiamatelo naturale…, chiamate artigianale…, chiamatelo vero…, chiamatelo come volete ma il loro vino mi ha riportato indietro di tanti anni, dove la “semplicità” di un bicchiere di vino non doveva farti preoccupare di metterti in macchina o di avere il mal di testa dopo: sicuramente erano tempi dove non avevamo problemi di ritiro patente.
I loro vini hanno un’alcolicità moderata e sono di facilità beva, quindi li definisco vini quotidiani e rassicuranti; come il progetto, ben riuscito, di fare le bottiglie da un litro e mezzo (com’era nella tradizione popolare), per ridare il piacere di bere a tutto pasto, con vini schietti e sinceri.
Però… e c’è sempre un però… a tutto. Qui siamo in Campania (Irpinia), un territorio con tre Docg, dove l’Aglianico trova la sua massima espressione e i bianchi si esprimono con mineralità e sapidità tanto da potersi abbinare a brasati di carni rosse.
Cantina Giardino inizia a produrre con uve acquistate, ma ormai da anni ha suoi vigneti e a breve ci sarà una cantina di tutto rispetto. Sono varie le etichette che producono, con uve Greco, Falanghina, Aglianico e Coda di Volpe bianca e rossa.
Tutte le uve, comprese le bianche, in base alla vendemmia, prevedono un periodo macerazione, che va dalla settimana, fino al mese: ormai siamo abituati a queste note intense che ci riportano nei profumi note di spezie banche, idrocarburi, zenzero, pietra focaia, ceneri e agrumi disidratati, che si sommano a note floreali intense; tutto in assoluta pulizia olfattiva e gustativa.
Va detto che questi vini hanno bisogno di essere aperti con largo anticipo al consumo, preferiscono delle temperature di servizio intorno ai dodici gradi e, se possibile aperte con qualche anno di affinamento in bottiglia.
L’esempio tangibile è il Paski da Coda di Volpe bianca 2008, un vitigno che m’interessa sempre più, che conobbi anni fa grazie un piccolo e sconosciuto produttore, oggi conosciutissimo. Antonio mi dice che appartiene alla famiglia dei trebbiani e, infatti riconosco l’impronta olfattiva intensa quasi ovattata dalle note minerali, con erbe amaricanti, come la radice di genziana (tipica in trebbiani di montagna).
Ma sono gli effluvi di idrocarburi e di agrumi disidratati che prendono il sopravvento e, se hai la pazienza di aspettarli, i profumi volgono verso note di salsedine e zenzero, con un pulizia assoluta che si ritrova anche al palato; dove l’attacco e cremoso, quasi burroso, sfacciato e ricco di sensazioni tattili che si rinforzano con l’acidità che la sapidità a cascata; una materia quasi masticabile con tanto frutto che ritroviamo sincero e ricco e, un finale che lascia il palato intriso di materia e pizzicore diffuso.
Ho assaggiato anche la Coda di Volpe 2015 che già promette molto bene ed è bevibilissimo, il profumi sono giocati su note più floreali ed erbe, ottima la bevibilità.
Come vedete nelle foto, tuti i vini sono macerati e fermentati (lieviti autoctoni) in legno con affinamento negli stessi e, siccome Antonio ama sperimentare, sta iniziando ad affinare anche in anfora fatta di un materia poco poroso ma dalla forma evocativa… e i risultati sono interessanti.
Cantina Giardino
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