Quando credi di essere a buon punto del tuo cammino professionale e di uomo; quando credi di aver ascoltato tanta gente e di aver capito qualcosa; quando credi di sapere molto sul vino… succede che incontri persone speciali e ricominci a farti domande.
Ti risveglia il dubbio, ti fa capire che devi sempre ricominciare…, ti fa riflettere… e, fa in modo che tu debba rimetta tutto in discussione…!
Sarà il destino, sarà il tuo angelo custode; non so, ma accade. Ogni qualvolta che mi sembra di avere qualche certezza… mi guardo intorno ed eccomi pronto a ricominciare… la vita va vissuta intensamente, va ascoltata e potrà essere una meravigliosa avventura se si è capaci di non sentirsi mai “arrivati”.
Bene, questo sconvolgimento emotivo mi si è ripresentato, nuovamente, quando ho conosciuto Angelo Gaja.
Ma, chi è per me lui…!!! Beh, lo scenario sono i primi anni ottanta; pensate a un ragazzino, nei primi anni di scuola alberghiera, che inizia a sentir parlare di vino, che inizia a fare i primi corsi da sommelier, che al contrario dei suoi coetanei che adulavano miti del calcio e della musica…, lui no… sentiva parlare di “Gaja” e di tanti altri grandi che hanno ‘fatto’ il mondo del vino italiano, e sognava di poter bere, un giorno, un loro vino; insomma, quel ragazzino sono io…e non mi vergogno di aver bevuto il primo sorso di Gaja a cinquant’anni suonati.
Il 6 marzo, grazie a Giuseppe Cupertino, Angelo Gaja è in Puglia a Borgo Egnazia a presentare alcuni vini della sua distribuzione e, soprattutto, il suo Barbaresco.
La degustazione è preceduta dalla presentazione della sua filosofia di vita e, li ho avuto il coinvolgimento emozionale di cui vi parlavo prima. Ma, lasciamo stare il mio labile equilibrio, e passiamo a un breve commento della serata.
Settantasei anni ben portati, verve da trentenne saggio e capacità argomentativa che lo pongono a pieni voti, fra i più abili affabulatori di platee. La sua chiave emozionale si manifesta con il grido “LESS IS MORE”…
È inutile dirvi dell’affollatissima platea e dell’emozione di Giuseppe Cupertino che assieme alla titolare di Borgo Egnazia introducono la serata.
“Senza il passato il futuro non si legge”, un’introduzione che prosegue con temi che toccano aspetti di ecosostenibili del territorio, politica, economia e gestione della vigna e del terreno.
E impressiona l’avvicinamento di un’azienda, che conta oltre 250 ettari –suddivisi in più cantine fra Piemonte e Toscana, a un graduale ma costante gestione della vigna verso l’ecosostenibilità del territorio e non solo, in modo da ridare vita la terreno con varie tecniche.
Dopo si passa tutti in una sala con una serie di vini strepitosi di cui vi aggiungo le foto: ma io ero li per il Barbaresco: la mia gande passione. La versione assaggiata era la 2013 e anche se non era un Crù bastava per capire l’eleganza e la signorilità dei vini di Gaja che si possono riassumere in una bella frase più volte utilizzata da lui “less is more”.
Profumi accennati ma fini e penetranti, che con il passare del tempo il bicchiere ti donava note floreali, tartufate, sottobosco e prugnose, seguite da nuance di tabacco dolce e spezia accennata; i tannini sono un elogio ad una terra ben gestita: setosi e ricchi con molta eleganza e tanta piacevolezza, ben legati al frutto tanto da regalare morbidezza ad ogni sorso, che si arricchisce di salinità e succulenza, con una acidità che funge da viatico per un finale elegantissimo e piacevolissimo…
Un aspetto importante è stato la sua estrema disponibilità a parlare con tutti e per tutta la serata, non si è mai sottratto a sorrisi e foto. Un’umiltà che solo i grandi hanno; ho visto giovani chef stellati scappare via a gambe elevate per sfuggire a una foto con dei giovani ragazzi, una tristezza unica…
E sempre al suo fianco una magnifica moglie, sempre pronta a intervenire su ogni cosa, attenta anche ai dettagli, come la temperatura di servizio di ogni vino durante la degustazione.
Vorrei parlarvi di ogni vino ma mi limito solo alle foto, dei vini che mi hanno più colpito.
Foto: Vito Gallo photographer wine & food